COME LA GESTIONE DEL RIFIUTO ORGANICO E CD&E INCIDONO SUL MERCATO DEL RICICLO INGLESE

A partire dal 2020 il Regno Unito non è più un membro dell’Unione Europea, quindi non è più obbligato a raggiungere e rispettare gli obiettivi in materia di riciclo imposti dall’UE. L’impegno del Regno Unito sul fronte ambientale non è diminuito, anzi, il paese ha deciso e fissato in autonomia i propri obiettivi, in alcuni casi anche ambiziosi, in fatto di tassi di riciclo. Dal 2000 al 2021, il tasso di riciclo complessivo del paese è verticalmente incrementato dall’11% al 44%. Quali sono state le strategie che hanno portato a questo repentino miglioramento del tasso di riciclo? Cerchiamo di capirne di più in questo approfondimento.

Riciclo dei rifiuti nel Regno Unito: approfondimenti, dati e statistiche

Negli ultimi vent’anni, il Regno Unito ha compiuto grandi progressi nel riciclaggio dei rifiuti solidi urbani: oggi il tasso di riciclaggio complessivo raggiunge circa il 44,1%. Alcuni forse lo considerano un traguardo, altri invece lo reputano un risultato poco soddisfacente. Cerchiamo di vedere cosa accade in Europa. Se prendiamo in esame paesi come Germania (71% di tasso di riciclaggio dei rifiuti urbani) e Austria (62,3%), il Regno Unito sembra essere qualche passo indietro. Mentre se osserviamo più attentamente, noteremo che ci sono paesi il cui tasso di riciclo è nettamente basso, come quello della Romania (11,3%). Si può affermare che il risultato del Regno Unito è relativo, ma sempre un po’ più alto della media europea. In aggiunta, nel 2020 il paese è stato il terzo produttore di rifiuti nell’UE con circa 282,4 tonnellate di rifiuti prodotti dopo Germania e Francia. Questo implica che un ingente numero di rifiuti da trattare e riciclare sia una sfida difficile da affrontare.

Il flusso dei rifiuti e i progressi attivati

Per quanto riguarda i flussi di rifiuti, il Regno Unito ricicla gran parte dei suoi rifiuti di imballaggio – il 63,2% nel 2021 – e circa il 47% dei rifiuti domestici (WfH), un tasso in aumento negli ultimi anni. Nel Galles, ad esempio, viene riciclato il 56,7% dei WfH, seguito dall’Irlanda del Nord con il 48,4%, dall’Inghilterra con il 44,1% e dall’ultima, ma non meno importante, Scozia con il 41,7%.

Ora, se dovessimo dare un’occhiata al principale flusso di rifiuti che il Regno Unito genera, i dati presentano una panoramica piuttosto interessante. Secondo le statistiche 2018 del DEFRA (Dipartimento per l’Ambiente, il Cibo e gli Affari Rurali) i rifiuti più generati sono i CD&E (ovvero derivanti da costruzioni, demolizioni e scavi) con il 62%, seguiti dai C&I (commerciali e industriali) con il 19% e dai rifiuti domestici con solo il 12%. Questo permette di comprendere che il livello di industrializzazione del paese è parecchio alto.

Quando si tratta di recupero di rifiuti CD&E, ad esempio, le percentuali sono le più alte. Il recupero nel Regno Unito comprende il riciclaggio, il riutilizzo e il reinserimento nel mercato. Apparentemente è un processo in cui i rifiuti trattati vengono utilizzati per scopi di bonifica in aree di scavo o per scopi ingegneristici nella progettazione del paesaggio.

Nel 2021, il tasso di recupero dei rifiuti CD&E è stato del 92,6% per 59,1 milioni di tonnellate di rifiuti CD&E. Ciò significa che il sistema funziona efficacemente.

Guardando agli altri rifiuti riciclati, che rappresentano il 7% del totale dei rifiuti generati, cioè tutto ciò che non è C&D e C&I, abbiamo notato alcuni dati interessanti riguardanti l’alimentare e la plastica.

Spreco alimentare nel Regno Unito: come funziona la gestione dei rifiuti alimentari

Lo spreco alimentare, come in ogni altro Paese del mondo, è un problema anche nel Regno Unito, che ogni anno getta nel cassonetto circa 9,5 milioni di tonnellate di cibo. Una delle cause potrebbe essere il fatto che non tutte le aziende del Regno Unito sono obbligate a separare i rifiuti alimentari, come invece fanno le famiglie. Ma la situazione è in una fase di cambiamento: a partire da quest’anno il governo renderà obbligatoria la separazione dei rifiuti alimentari per quasi tutte le aziende (ad eccezione di quelle che producono fino a 5 kg di cibo a settimana). Il cibo generato dalle aziende dovrà essere riciclato al 100%, quindi non sarà più consentito lo smaltimento in discarica o l’incenerimento e le spese per il riciclaggio dei rifiuti saranno a carico dell’azienda stessa. I requisiti saranno presumibilmente più severi per i settori della vendita al dettaglio, dell’ospitalità e dell’istruzione e il Galles sarà il primo ad attuare la nuova legge. Sarà un compito facile? Probabilmente no, perché richiede organizzazione, infrastrutture, investimenti e tempo. Ma la misura, quando e se sarà pienamente attuata e monitorata, dovrebbe avere un impatto positivo sia sull’ambiente sia sulla produzione di biocarburanti, che al momento è un mercato forte e in espansione.

Difatti, secondo la European Biogas Association, il Regno Unito dispone di 77 impianti di biogas alimentati da rifiuti in tutto il Paese e 75 impianti di biogas che recuperano i rifiuti provenienti dalle discariche, su un totale di 378 con capacità installate di 1 402 MWel. Inoltre, per quanto riguarda la produzione di biometano, il Regno Unito è tra i maggiori produttori. Si può quindi capire come la nuova legge diretta alle imprese possa avere un impatto positivo anche sull’industria energetica.

La misura dovrebbe avere un impatto anche sul tasso di rifiuti biodegradabili (un mix di organico, legno e carta) che spesso terminano il loro ciclo in discarica. Secondo gli ultimi dati disponibili, nel 2010 il Regno Unito mandava in discarica 25.019 tonnellate di rifiuti urbani, di cui 12.982 erano biodegradabili. Dieci anni dopo, grazie all’attuazione di varie politiche e programmi, i rifiuti urbani che arrivano in discarica sono scesi a 14.003 tonnellate, di cui 6.761 biodegradabili. Numeri in continuo positivo cambiamento. Quanto rapidamente? Possiamo solo attendere per verificarlo.

Gestione dei rifiuti di plastica nel Regno Unito

Con la plastica le cose sono piuttosto confuse, e non c’è da stupirsi. La plastica è forse il materiale più difficile da contare quando si parla di riciclaggio per tante ragioni:

  • poca chiarezza su cosa rende una plastica buona per il riciclaggio
  • regole di gestione e separazione che cambiano da una regione all’altra
  • regolamentazioni troppo complicate da capire

Ad ogni modo, anche qui i numeri dicono la loro. Nel 2022, ad esempio, le famiglie britanniche sono state chiamate a partecipare al Big Plastic Count, che mirava a scoprire quanta plastica i cittadini utilizzano in casa e quanta di questa veniva destinata al riciclo. I risultati sono stati sconcertanti: solo il 12% della plastica domestica viene riciclata nel Regno Unito. Quale è il destino del resto della plastica? La Cina non è più disponibile a ricevere i rifiuti plastici provenienti dall’Europa, ma i Paesi in via di sviluppo, nonostante il divieto di importazione della plastica, continuano a ricevere parte dei rifiuti plastici. L’incenerimento e le discariche sono probabilmente gli altri mezzi preferiti per “risolvere” il problema della plastica.

Quando invece si tratta rifiuti plastici provenienti dai produttori di imballaggi, il tasso di riciclaggio è più alto, perché nel Regno Unito è in vigore un regime di responsabilità del produttore che chiede alle aziende di riciclare una buona parte degli imballaggi che immettono sul mercato. In questo caso, secondo l’ultimo rapporto del governo britannico, nel 2021 è stato riciclato il 44,2% della plastica prodotta.

Un’altra buona politica che ha dato buoni risultati è la tassa sui sacchetti di plastica nei supermercati introdotta nel 2015, che ha portato a un minor utilizzo di sacchetti di plastica da parte dei cittadini britannici. Secondo il DEFRA, la tassa ha portato a una riduzione del 35% dei sacchetti di plastica. Da allora sono state introdotte altre tasse, ma la strada da percorrere per ottenere risultati migliori è ancora lunga.

Quali sono gli obiettivi per il riciclo nel Regno Unito?

I numeri non mentono. Il Regno Unito ha fatto progressi in materia di riciclaggio, ma c’è un obiettivo ambizioso da raggiungere entro il 2035: un tasso di riciclo del 65%. È realmente raggiungibile? Con le giuste informazioni e incentivi ai cittadini, maggiori normative per le aziende, costi più elevati per il conferimento dei rifiuti in discarica e un maggior numero di impianti di riciclaggio dotati di tecnologie performanti, il traguardo diventa visibile.

I principali motori del riciclaggio sono sicuramente stati: i cambiamenti climatici sull’ambiente e sul futuro delle persone, la rendicontazione ESG obbligatoria per le principali aziende del paese e il cambiamento del comportamento del cliente che vira sempre più su prodotti sostenibili (uno studio del 2021 mostra che quasi nove consumatori su dieci sono diventati più ecologici nei loro acquisti negli ultimi anni).

Quando si tratta di disponibilità di tecnologie e macchine performanti, le aziende del Regno Unito non possono lamentarsi: dai trituratori, ai vagli e agli apri sacchi per tutti i tipi di rifiuti, l’industria delle macchine per il riciclaggio ha molto da offrire.

Per quanto riguarda la vagliatura, in Ecostar abbiamo sviluppato l’innovativa tecnologia Dynamic Disc Screening, che si basa su una serie di alberi dotati di dischi esagonali o ottagonali a profilo piatto, realizzati in Hardox per garantire la massima resistenza. Il materiale scorre sui dischi del vaglio ed è sottoposto a un movimento sussultorio che separa i rifiuti. Il materiale fine scende sotto la superficie di vagliatura, passando attraverso gli spazi tra i dischi, mentre il materiale più grande avanza fino alla fine del piano di vagliatura. Il risultato è una frazione pulita, pronta per il processo di riciclaggio. Questa tecnologia funziona sia sui vagli fissi che su quelli mobili di Ecostar e offre numerosi vantaggi alle aziende di riciclaggio: dagli spazi ridotti necessari all’elevata qualità di separazione, agli alti rendimenti e al basso consumo energetico.

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